pesce fuor d'acqua

La Comfort Zone all’epoca del Coronavirus

Dato che le cose semplici non mi attraggono mai, ho due cellulari. Ma non due smartphone con due numeri diversi, uno privato ed uno per il lavoro. Ho uno smartphone, come tutti, con cui navigare su internet, ed ho qualcosa che alcuni di voi invidieranno: un Samsung GT-E1080/I (di cui allego una foto per chi non avesse ben capito di cosa si tratti!) per telefonare.

Samsung GT-E1080i

Ovviamente vengo presa costantemente in giro da anni e, come se non bastasse, pago due abbonamenti, uno per i dati dello smartphone e uno per i minuti del Samsung. Lo so, sembra follia, probabilmente lo è.
Il mio amatissimo Samsung GT-E1080/I fa parte di ciò che compone i pilastri della mia Comfort Zone o è paragonabile alla coperta di Linus.
La sua batteria è sempre stata invidiabile. È un oggetto praticamente indistruttibile, sopravvissuto negli anni a lanci, cadute, acqua, intemperie e quant’altro di terribile può capitare nella vita di un cellullare. Eppure è ancora qui. Inizia però a dare i suoi primi segni di cedimento e questo mi destabilizza totalmente.
È forse giunto il momento di lasciarlo andare? Devo arrendermi al fatto che non farà più parte della mia vita? Non sono già cambiate abbastanza cose negli ultimi 4 mesi?
Ogni giorno con pazienza provo a rimetterlo in carica ma il caricabatteria si rifiuta sempre più di fare contatto. Le poche volte che riesco, con strategie impensabili, a farlo caricare, la batteria, con mio attonito stupore, dura meno di una giornata. Mi sta abbandonando. È un dato di fatto a cui, mio malgrado, dovrò ben presto arrendermi.

Che ne rimane, oggi, della nostra amata e rassicurante Comfort Zone? Come possiamo andare avanti mentre tutte le nostre certezze si stanno sgretolando?

Il mio amato Samsung mi ha fatto ragionare su questo ancora di più.
Molte sono le cose a cui ci affidiamo pur di sentirci sicuri e protetti. Sono le nostre certezze e siamo così ingenui da non aver ancora capito che esistono solo nella nostra mente. Le cose cambiano e spesso finiscono, all’improvviso. Non abbiamo idea di cosa accadrà una volta usciti da tutto questo.
Per la prima volta, almeno nella mia vita, qualcosa ha scosso tutti così profondamente, così improvvisamente, che mi chiedo cosa ne rimanga delle zone di sicurezza dentro cui tutti ci siamo nascosti per una vita.
Siamo tutti sulla stessa barca. Pesci fuor d’acqua.

Riuscirò ad accettare che il Samsung GT-E1080/I abbia finito il suo ciclo vitale? Me ne farò una ragione?
Ti voglio bene amico di una vita, grazie per avermi dato anche questo spunto di riflessione!

4 risposte

  1. Silvia

    Sono Silvia.
    “getto” il pensiero, modesto ma personale di una ragazza di 26 anni, che ha cambiato 6 o 7 volte casa e ha visto tantissimi suoi cari “amici” oggetti gettati tra i rifiuti.
    Ho letto la riflessione, ebbene sì, nella vita abbiamo bisogno di certezze: viviamo in un’epoca in cui ne sono rimaste poche. Oggi concetti che prima erano saldi, come “autorità” e “valori”, sono messi quotidianamente in discussione alla quale in un modo o nell’altro ci viene chiesto di partecipare attivamente,
    Molti hanno lottato e sono morti per questa nostra libertà di scelta, per la possibilità di cambiare, di “decidere” per noi ciò che vogliamo.
    Ma oggi è diverso: non ci sono confini. Internet lo dimostra. Non è un testo di un libro che va dall’inizio alla fine, è un ipertesto, dove tutto scorre in maniera “trasversale”, dove nulla ha inizio o fine.
    Anche nella scienza è così: sulle sue scoperte si basa oggi la medicina, ma tra due persone con lo stesso tumore una sopravvive e allora anche il medico si chiede il perché: ed è nata la fisica quantistica, che mette in campo il concetto di “possibilità”.

    Ci muoviamo fluidamente in questo spazio, dove proviamo a tener stretti gli oggetti, che invece si consumano, costringendoci a ripensarci, a cambiare. A riadattarci.

    • arifreflodacasa

      Ciao Silvia,
      grazie per aver condiviso su questo blog il tuo pensiero. Gli oggetti, a cui siamo tanto legati, sono spesso dei simboli.
      Metaforicamente il nostro attaccamento ad essi credo rappresenti la paura di lasciar andare il passato, di perdere le nostre certezze, la Comfort Zone di cui parlavamo. Eppure viviamo in un mondo in continua trasformazione e adattarsi ai cambiamenti è essenziale per viverci al meglio. Questo periodo, tutto ciò che stiamo vivendo, ha destabilizzato tutte le nostre certezze. Ci rende ancor più evidente una realtà che è sempre stata sotto i nostri occhi ma che a volte preferiamo dimenticare: l’estrema imprevedibilità della vita. Ora siamo costretti a rifletterci su, a trovare un modo per adattarci a ciò che sarà e a reinventarci. Sarà difficile ma è pur sempre un’evoluzione interiore che ci renderà più forti e consapevoli.
      A parer mio, questo è l’insegnamento più importante che possiamo trarne.
      Un abbraccio!

  2. Sonia

    Ciao, mi interessa la riflessione sul lasciar andare le cose per alcuni necessaria per altri, come me, quasi impossibile….e la fine ingloriosa dei nostri ricordi nella spazzatura non ci aiuta certamente! Spesso sono cose apparentemente insignificanti prive di un valore apprezzabile ad occhi estranei. ( sarà’ per questo che quando si decide di mettere in ordine e liberare un po’ si cerca sempre di far buttare le cose agli altri?)
    Piccoli foglietti un poco sminuzzati, quaderni sgualciti, testimonianze di viaggi intrapresi, biglietti di amanti perduti, monili non scelti da tempo, abiti desueti…..istantanee della nostra vita il cui valore risiede nella capacità’ di generare emozioni lontane nel tempo ma presenti nel nostro essere profondo.
    L’incapacita’ di lasciarli andare dipende dalla paura di non essere in grado di ricordare quelle emozioni perse nel continuo fluirne di nuove?
    E chi e’ capace di lasciare andare ha miglior memoria o non ne vuole avere?
    Sonia

    • arifreflodacasa

      Ciao Sonia,
      grazie per avere condiviso le tue riflessioni. Rispondere alle tue domande non è facile, perchè ognuno di noi si dà una risposta differente. C’è, poi, chi è più legato al passato e chi meno.
      Per quanto mi riguarda sono stata sempre molto attaccata al mio passato. Ma presto, nella crescita, mi sono resa conto di quanto questo mi bloccasse, mi impedisse di andare oltre e sperimentare nuove opportunità e cambiamenti. Saper cambiare è essenziale nella vita, a mio parere. Come avrai capito dalla storia del Samsung, sono tutt’ora legata al passato e agli oggetti che lo rappresentano. Ma da tempo ho imparato che mio malgrado devo riuscire a lasciarli andare perchè, accumulandosi nel tempo, possono diventare a volte troppo pesanti e ostacolare il cammino. Conosco persone (forse anche te le conosci?) che nella vita si sono fatte sopraffare e bloccare dagli oggetti, li hanno messi davanti alla propria felicità e al proprio bisogno di cambiamento. In questa fase della mia vita, io per me stessa, vorrei trovare la forza di alleggerirmi dal peso degli oggetti e del passato. E con tristezza sto elaborando il lutto e cercando di lasciar andare il mio amato Samsung!
      A presto

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